"È grave essere diversi?"
"È grave sforzarsi di essere uguali: provoca nevrosi, psicosi, paranoie. È grave voler essere uguali, perché questo significa forzare la natura, significa andare contro le leggi di Dio che, in tutti i boschi e le foreste del mondo non ha creato una sola foglia identica a un'altra."
- Paulo Coelho, Veronica decide di Morire -
Nel video (l’originale è in inglese) in Italiano viene presentato il modello di cura della schizofrenia messo a punto dallo psicoterapeuta finlandese Jaakko Seikkula.
Questa modalità di cura sta dando di gran lunga i risultati migliori nel mondo sviluppato e consente di raggiungere una percentuale di guarigione altissima, superiore all’80% dei casi e non può quindi, secondo l’autore, essere ignorato.
Il metodo prevede:
1) PRINCIPIO DELL’INTEGRAZIONE che consiste, nella fase iniziale, nel coinvolgimento del paziente, dei suoi familiari e degli operatori sanitari, psichiatri, psicologi, psicoterapeuti e infermieri, che condividono tutte le decisioni più significative tra tutti gli interlocutori coinvolti.
2) RIDIMENSIONAMENTO DEL PESO DEL FARMACO. Il farmaco può essere utilizzato, ma solo in casi estremi e per brevi periodi. È infatti noto che l’uso indeterminato di psicofarmaci provoca più danno che beneficio, portando alla cronicità delle malattie psichiche e alla disabilità della persona colpita, oltre che ad una riduzione della durata di vita (questo concetto viene spiegato bene nel libro INDAGINE SU UN’EPIDEMIA di Robert Whitaker, ndr).
GLI OPERATORI SANITARI SONO SEMPRE DISPONIBILI, rispondendo immediatamente alle richieste di aiuto, anche durante la notte.
Il metodo di cura consiste nell’aprire il dialogo tra paziente, nucleo familiare ed operatori, in modo che tutti abbiano un ruolo fondamentale nel processo di guarigione, portando un cambiamento attivo e decisivo nel processo di guarigione,
Seikkula spiega che il terapeuta non prende decisioni, né dà indicazioni, ma insieme al paziente e alla sua famiglia, cerca di capire le dinamiche che portano alla sofferenza. Le soluzioni arrivano come conseguenza del dialogo tra tutte le componenti.
Spesso, all’inizio, ci sono tre terapeuti in modo da rendere più ampio e fruttuoso lo scambio di idee.
LA PSICOSI VIENE VISTA COME UNA RISPOSTA AD UNA SITUAZIONE MOLTO DIFFICILE E STRESSANTE DELLA VITA.
Si cerca di EVITARE IL RICOVERO IN OSPEDALE. Il disagio si crea nello spazio tra le persone, un problema che si verifica all’interno delle relazioni tra le persone e non ne è causa il cervello dell’individuo. Per questo si cerca di agire sulle relazioni e non di curare un presunto squilibrio biochimico.
USO SELETTIVO DEI FARMACI. Viene minimizzato l’uso degli psicofarmaci. Vengono privilegiati comunque gli ansiolitici, specialmente nella prima settimana di cura, ed evitati i neurolettici. L’uso di farmaci viene di solito limitato, se non può essere evitato, a 2 o 4 pastiglie per 1 o 2 giorni.
All’inizio si privilegia l’aiuto dei terapeuti, con incontri frequenti considerando che molte cose possono essere di maggior aiuto, come una vita sana, sonno, alimentazione, sport, sobrietà, meditazione, amicizie, lavoro ecc… e possono contribuire maggiormente alla soluzione dei problemi rispetto ai farmaci.
Gli operatori del DIALOGO APERTO non temono conseguenze sulla loro professione se non prescrivono psicofarmaci, in quanto hanno una solida formazione in terapia familiare, non ricevono pressioni dalle case farmaceutiche per l’uso di neurolettici e sono consapevoli che questi non sono necessari per curare un paziente.
Le pubblicazioni scientifiche danno loro solide basi per svolgere il loro lavoro.
Il metodo del DIALOGO APERTO si è rivelato il migliore nella cura delle psicosi, con un recupero dell’85% dei pazienti, che intervistati a distanza di 5 anni dall’episodio psicotico, non hanno avuto ricadute e sono tornati alla loro vita relazionale e lavorativa. Tra questi solo pochissimi ricorrono ancora agli psicofarmaci (10%).
Questo sistema di cura è, in Finlandia, a carico dello stato, pertanto gratuito per i pazienti. Permette, nonostante il largo impiego di operatori, di risparmiare sul lungo periodo.
I pazienti alla fine del trattamento non mostrano senso di frustrazione, ostilità, alienazione, disperazione, sentimenti che spesso si incontrano, come spiega l’autore del video, tra i pazienti del tradizionale sistema psichiatrico americano, che si basa soprattutto sull’uso protratto di psicofarmaci, ma mostrano invece soddisfazione, senso di unione, fiducia e speranza per il futuro.
DIALOGO APERTO IN ITALIA
Attualmente il metodo Dialogo Aperto è in sperimentazione anche in 6 regioni italiane. Nel 2015, il Ministero della Salute ha, infatti, finanziato il progetto nei dipartimenti di salute mentale di Torino, Savona, Trieste, Roma (2), Modena e Catania.
Tra questi dipartimenti, Modena ha già pubblicato i risultati preliminari di follow-up con risultati molto incoraggianti che confermano i dati presenti in letteratura (clicca qui).
Il 2 luglio, a Roma, si è svolto un work-shop sul Dialogo Aperto del quale, ci auguriamo, di pubblicare a breve il resoconto.
Bibliografia:
Mazzi F., Di Marco V., Montecchi R., Caloro G., Starace F. e il gruppo “Dialogo Aperto” DSMDP di Modena: Applicazione del “Dialogo Aperto” nel DSMDP di Modena: fattibilità e risultati preliminari. SIEP