"È grave essere diversi?"
"È grave sforzarsi di essere uguali: provoca nevrosi, psicosi, paranoie. È grave voler essere uguali, perché questo significa forzare la natura, significa andare contro le leggi di Dio che, in tutti i boschi e le foreste del mondo non ha creato una sola foglia identica a un'altra."
- Paulo Coelho, Veronica decide di Morire -
Joanna Moncrieff insegna presso l’University College di Londra, è un membro fondatore e co-presidente del Critical Psychiatry Network, un gruppo di psichiatri di tutto il mondo che sono scettici all’idea che i disturbi mentali siano semplicemente malattie del cervello. Ha scritto documenti, libri e blog sull’utilizzo eccessivo di farmaci nei problemi di salute mentale, sul meccanismo d’azione dei farmaci psichiatrici e sui loro effetti soggettivi e psicoattivi. Tra i suoi libri più noti The Myth of the Chemical Cure.
Appunti tratti dal sito web MAD in Italy.
Il successo sul mercato degli antipsicotici
I neurolettici o antipsicotici, introdotti sul mercato negli anni ’50, sono diventati il trattamento di elezione per molte manifestazioni della sofferenza psichica.
Come spiegano Joanna Moncrieff ed altri, [1, 2, 3] il loro successo è dovuto al fatto che sono stati presentati come farmaci che “prendono di mira le basi organiche della schizofrenia” e delle “psicosi”, facendo intendere che tali manifestazioni fossero dovute ad alterazioni organiche, magari ereditarie, caratterizzate “squilibri chimici” e che i farmaci avessero la funzione di “ripristinare l’equilibrio”.
Questa spiegazione faceva accettare gli importanti effetti collaterali quali la discinesia tardiva, il declino cognitivo ad essa correlato, la sindrome metabolica, il diabete, i problemi cardiaci come la nota torsione di punta (intervallo QT), responsabile di aritmie potenzialmente letali, fino alla riduzione dell’aspettativa di vita di 20 o 25 anni e altri effetti ancora, come un prezzo da pagare per avere la cura. [1]
Il marketing aggressivo delle case farmaceutiche ha esteso i trattamenti con gli antipsicotici ad altri disturbi, attraverso le prescrizioni off label, cioè per fini terapeutici non previsti dai foglietti illustrativi, e l’ampliamento dei criteri diagnostici, soprattutto del disturbo bipolare e dell’ADHD (sindrome da deficit dell’attenzione e iperattività) nei bambini. [1]
Le cause organiche della sofferenza psichica, tuttavia, nonostante gli ingenti investimenti di denaro messi a disposizione dalle case farmaceutiche e gli sforzi dedicati alla ricerca per dimostrarle, non sono mai state né osservate né dimostrate.
Gli psicofarmaci non “ripristinano alcuno squilibrio chimico ma, anzi, lo creano
Al contrario, è stato dimostrato che l’uso degli psicofarmaci induce uno squilibrio chimico, il quale sarà poi responsabile dei fenomeni di tolleranza e di assuefazione. [3]
Ciò significa che i farmaci dopo un certo periodo perdono la loro efficacia e non possono essere sospesi rapidamente, poiché provocherebbero una crisi di astinenza. [3]
Come funzionano allora gli psicofarmaci?
Joanna Moncrieff spiega che gli psicofarmaci non agiscono sulle cause della sofferenza psichica, ma agiscono alterando le normali funzioni del sistema nervoso e provocando cambiamenti nella percezione dell’umore, della coscienza e del comportamento, come l’alcol per l’ansia sociale.
Gli antipsicotici, in particolare, agiscono sopprimendo l’attività complessiva del sistema nervoso e creando un distacco emotivo dalle cause relazionali, ambientali e sociali che generano la sofferenza psichica, in modo che non vengano più percepite come dolorose o irritanti. [1]
Sono efficaci gli antipsicotici?
Gli psicofarmaci, se non evitabili, possono essere utili a breve termine per gestire i sintomi acuti della sofferenza psichica, ma a lungo termine creano più danni che benefici.
Gli studi a lungo termine dimostrano infatti che le persone che restano in trattamento con gli antipsicotici hanno ricadute più velocemente e in numero maggiore rispetto agli individui che sospendono il trattamento farmacologico.
Uno studio dimostra che l’80% delle persone che restano in trattamento antipsicotico ha almeno una ricaduta nel giro di 5 anni dal primo episodio psicotico. [5]
Altri studi dimostrano invece che il non utilizzo o un utilizzo a breve termine danno risultati migliori riguardo la gestione dei sintomi. [6,7]
Alla luce di tali risultati scientifici, il trattamento con antipsicotici andrebbe perciò evitato o almeno limitato nel tempo, dopodiché andrebbero sospesi lentamente e gradualmente, sotto il controllo medico esperto, accompagnando il processo a una buona psicoterapia per risolvere i problemi alla base della sofferenza psichica.
Gli antipsicotici rappresentano il trattamento di elezione e di prima linea per i disturbi psicotici, nonostante la completa mancanza di evidenze scientifiche di una loro azione sulle cause dei disturbi stessi.
Inoltre, a molte persone che escono da un periodo di internamento in TSO, viene imposto il trattamento con antipsicotici depot, che consiste in iniezioni mensili o trimestrali a lento rilascio. Spesso le persone vengono obbligate al trattamento sotto la minaccia di un nuovo TSO.
Sono molti gli studi che indicano il trattamento depot porta i più danni che benefici per diverse ragioni.
Una di queste riguarda l’aumento della prevalenza delle psicosi da supersensibilità causate dal trattamento antipsicotico prolungato.